Una delle sostanziose possibilità che la pittura dopo le avanguardie ci ha consegnato, è un rapporto con l’antico, con i modi e i temi della tradizione (…) Di tale possibilità da sempre si è servita Patrizia Comand, che negli ultimi anni va costruendo una sorta di tutta personale fantasmagoria sulla base di ricche e non banali contaminazioni tra talento e sprezzatura, tra retaggio antico e umori fastosamente surreali. (…)
Il ciclo recente di pitture di Comand rappresenta (…) una dimostrazione autorevole di maturità. (…) Comand ha dissezionato altri topoi dell’antico – il balance del costrutto, certi luminismi da notturno dell’anima – e ne ha fatto materia per iconografie di serrata tensione inventiva. Le figure, ancora stagliate su fondi che valgono scenario vagamente metafisico, contrappongono la propria espansa corporeità al gioco aereo dell’immaginario, alla sospensione che ne fa figure fantasticate.
E gli attributi, che si coaugulano intorno alla figura come trame simboliche dai forti umori – il trono, il pesce, il serpente – erigono un teatro intellettualmente lucido tanto quanto abbigliato della dimensione di un trasognamento fascinoso.
L’operare di Comand è, s’è accennato, tipicamente ciclico. E ogni ciclo aggiunge consapevolezza alla sua ricerca, nella quale convivono perfettamente una lucida tensione intellettuale e un sensuoso piacere visivo: valori, entrambi, dei quali sempre più ci rendiamo conto di non poter fare a meno. |